IL TRASCRITTOMA DELLA CORTECCIA CEREBRALE
GIOVANNI ROSSI
NOTE
E NOTIZIE - Anno XV – 06 maggio 2017.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
L’importanza della corteccia cerebrale per quelle
abilità cognitive che distinguono la nostra specie da tutte le altre del
pianeta era ben presente ai morfologi del XIX secolo,
che hanno compiuto un lavoro di caratterizzazione topografica, istologica e
perfino cellulare, così accurato da essere ancora valido nei suoi esiti
principali. La stratificazione esalaminare della neocorteccia, ossia del manto
corticale sviluppatosi nelle epoche più recenti dell’evoluzione biologica,
rimane un segno distintivo di complessità organizzativa e grado di
specializzazione del cervello umano. Ma, come si è giunti a questo eccezionale
sviluppo delle strutture alla base dell’intelligenza pratica, della genialità
creativa e del potere di credere, sperare ed agire andando oltre le occorrenze
attuali e la materialità contingente? Uno dei nodi da sciogliere sembra essere
quello che lega lo sviluppo filogenetico della morfologia corticale alle sue
funzioni, e si ritiene che la comprensione del modo in cui si è evoluto il
rapporto fra geni e strutture possa fornire delle indicazioni di assoluta
importanza biologica.
Zhisong He e
colleghi, che fanno capo ad istituti cinesi, russi e al Max Plank
Institute for Evolutionary Anthropology, hanno caratterizzato il trascrittoma degli
strati corticali e della sostanza bianca adiacente della corteccia prefrontale
di esseri umani, scimpanzé ed esemplari di macaco rhesus, impiegando una tecnica di
sezione non supervisionata, seguita dal sequenziamento dell’RNA.
(Zhisong He, et al. Comprehensive transcriptome analysis of neocortical layers in humans, chimpanzees and macaques. Nature Neuroscience – AOP doi: 10.1038/nn.4548, 2017).
La provenienza
degli autori è la seguente: CAS Key Laboratory of Computational Biology,
CAS-MPG Partner Institute for Computational Biology, SIBS, CAS, Shanghai (Cina); Big Data Decision Institute, Jinan University,
Guangzhou (Cina); University of Chinese Academy of
Sciences, Beijing (Cina); Department of Neuroscience,
National Research Center, Kurchatov Institute, Moscow
(Russia); Max Plank Institute for Evolutionary Anthropology, Leipzig
(Germania).
Alla descrizione istologica della corteccia
cerebrale in termini di strati o lamine si è giunti progressivamente nella
storia della neuroistologia: Meynert rilevò che la corteccia visiva della
scissura calcarina presenta un’evidente stratificazione; Betz nel 1874
descrisse in un livello profondo della corteccia precentrale le cellule
piramidali giganti che consentono di identificare le aree motorie; von Economo[1],
basandosi anche sulla descrizione in sette strati di Cajal[2],
distingue dieci strati, riconoscendone sei principali sui quali è ancora modellata
la ripartizione citoarchitettonica attuale.
Ma, cogliendo l’occasione di questa recensione per
introdurre allo studio della corteccia cerebrale, si propone di seguito la
parte iniziale di un articolo che si suggerisce di leggere integralmente nella
sezione “AGGIORNAMENTI” del sito:
“Fin dall’antichità la superficie del cervello ha
incuriosito ed affascinato gli osservatori per il suo aspetto complesso, dovuto
al regolare ripiegamento della parte più esterna della sua struttura: il manto
corticale o corteccia cerebrale. Alcune intuizioni sulle funzioni di questa
estensione liscia e allo stesso tempo convoluta di materia grigia, si possono
reperire già nel cosiddetto “Papiro Chirurgico di Edwin Smith”, databile
intorno al
Gli studiosi di neuroanatomia hanno compreso da
tempo che il complesso disegno caratterizzato da sporgenze e rientranze è
dovuto alla costrizione nello spazio del neurocranio di un tessuto
specializzato che, qualora fosse disteso, occuperebbe una superficie tre volte
più grande di quella di cui dispone; tuttavia, gli eventi causali che
determinano il formarsi delle circonvoluzioni, sono rimasti fino ad oggi
ignoti.
In termini evoluzionistici sembra che il
ripiegamento sia stato la conseguenza obbligata
di un’espansione rapida e di gran lunga eccedente la possibilità di
aumento di volume della scatola cranica. Ricordiamo che il biologo J. B. S. Haldane per primo notò che lo straordinario incremento di
dimensioni del cervello umano è la più rapida trasformazione evolutiva
descritta in biologia. Infatti, l’evoluzione da Australopithecus a Homo habilis e
quella da Homo habilis
a Homo sapiens, si stima che siano
avvenute in un arco di tempo che va da 1 milione a 1 milione e 250.000 anni,
ossia da
Gli studi di anatomia descrittiva del passato
avevano riconosciuto e caratterizzato delle costanti morfologiche che hanno
suggerito ai ricercatori dei nostri giorni un’importante traccia: il
ripiegamento non è casuale, ma forma un disegno con una sua definizione globale
derivante da necessità biologiche e vincoli comuni[5]. Se è
vero che questa configurazione si è consolidata in un programma genetico, è pur
vero che non si può sottovalutare il ruolo delle componenti epigenetiche nel
corso dell’evoluzione.
Recenti scoperte hanno dimostrato che la tensione
meccanica fra neuroni crea le condizioni perché alcune parti siano attratte
verso la profondità ed altre spinte a sollevarsi verso l’alto. E’ anche emerso
che una rete di fibre nervose esercita una trazione sulla plastica struttura
del manto corticale in formazione durante l’embriogenesi, di fatto
determinandone l’iniziale plicatura. Sembra
che questa stessa rete, nel corso della vita, assicuri il mantenimento della
configurazione definitiva e si ritiene che alterazioni di tale network strutturale, sia per patologie
dello sviluppo che per disturbi acquisiti nell’età adulta, possano avere
conseguenze sulla forma del cervello e sulla comunicazione fra cellule.
La conoscenza dei processi che determinano la
morfogenesi macroscopica del manto corticale non si limita a soddisfare una
pura curiosità anatomica, ma promette di fornire strumenti utili per la
comprensione di alcuni aspetti di patologie quali l’autismo e gli altri
disturbi pervasivi dello sviluppo.
Riteniamo utile fornire una breve sintesi di nozioni
anatomo-funzionali di base sulla corteccia cerebrale umana, prima di riferire
circa gli aspetti più interessanti degli studi che hanno consentito di
comprendere come le forze meccaniche derivanti dallo stabilirsi delle
connessioni fra aree diverse durante lo sviluppo intrauterino, siano in grado
di modellare progressivamente la superficie del cervello.
1.
L’aspetto caratteristico è conferito dalla presenza
di solchi che circoscrivono rilievi detti circonvoluzioni o giri[7],
riscontrabili nel cervello dei mammiferi più evoluti o girencefali, e assenti in quelli meno evoluti o lissencefali. Nel nostro telencefalo
alcune circonvoluzioni sono costanti[8].
Altre, più variabili, si definiscono nel modo seguente: quando rendono più
estesi e irregolari i giri principali prendono il nome di pieghe di complicazione; quando invece formano ponti di passaggio
fra formazioni vicine, se uniscono giri adiacenti, sono dette pieghe anastomotiche o di comunicazione (Broca), se si estendono
da un lobo all’altro, sono dette pieghe
di passaggio (Gratiolet).
La ripartizione in lobi del cervello è data
dall’organizzazione del manto in solchi,
in passato definiti scissure[9]: 1) solco laterale o scissura di Silvio[10], 2) solco centrale o scissura di Rolando[11], 3) solco parieto-occipitale
e 4) solco del cingolo, che delimita
il lobo limbico ed è visibile sulla faccia mediale degli emisferi. A questi
solchi principali se ne aggiungono altri che si rinvengono sulle facce
inferiori e interne dei due emisferi. Per quanto riguarda i giri principali
costantemente presenti in ogni cervello, sulla superficie telencefalica esterna
si possono riconoscere quattro circonvoluzioni nel lobo frontale e tre in
ciascuno dei lobi parietale, temporale e occipitale.
1.1. Spessore, superficie e volume. Lo
spessore massimo in molti studi corrisponde a
L’estensione della superficie è 220.000 mm2,
dei quali 75.000 corrispondono alla superficie libera della circonvoluzioni e
145.000 ai versanti e al fondo dei solchi. Il volume della corteccia negli
studi tradizionali su popolazioni europee è stimato in 560 cm3,
corrispondenti a un peso di
1.2. Struttura. Nei trattati di anatomia, ai
quali si rimanda, è descritta nel dettaglio la citoarchitettonica e la
mieloarchitettonica della corteccia con le variazioni in rapporto alla sede
topografica (la sottile corteccia polare, la coniocorteccia visiva dell’area
calcarina, ecc. ), qui ci limitiamo a qualche cenno sulla morfologia
stratificata e sull’organizzazione.
Si riconoscono sei strati (o lamine) nella corteccia cerebrale umana nel suo tipo fondamentale o
prevalente[13] detto corteccia omotipica.
1)
Primo strato o strato
molecolare.
2)
Secondo strato o strato
granulare esterno (o dei granuli esterni).
3)
Terzo strato o strato
delle cellule piramidali esterne.
4)
Quarto strato o strato
granulare interno (o dei granuli interni).
5)
Quinto strato o strato
delle cellule piramidali interne.
6)
Sesto strato o strato
delle cellule polimorfe e fusiformi.
Sulla base di questa costituzione pluristratificata
si rilevano, di tratto in tratto, variazioni degli strati intermedi fra il
primo e il sesto (corteccia
eterotipica). Tali differenze appaiono ben riconoscibili e circoscritte,
costituendo campi citoarchitettonici
diversi in base ai quali Brodmann propose la sua ormai storica classificazione
topografica in 48 aree[14],
ancora utile in vari campi della ricerca e tuttora impiegata in neurologia e
neuropsicologia.
Alcuni dei territori così delimitati, ad esempio le
aree motorie e quelle sensoriali primarie, hanno una precisa individualità in
termini di connessioni anatomiche e di significato funzionale. Il sistema
visivo ci fornisce un esempio in tal senso. L’area visiva primaria detta anche
“retina cerebrale” (area 17, corrispondente a V1 della classificazione
fisiologica) proietta alla corteccia parastriata
(area 18), che a sua volta invia assoni alla corteccia peristriata
(area 19). Da qui l’informazione è trasmessa alla regione infratemporale
(area 20), che la riverbera al solco temporale superiore, alla corteccia
temporale mediale del giro paraippocampale
posteriore, e così a varie stazioni del lobo limbico[15]. Un
esempio simile a questo ci è fornito dalle connessioni dell’area uditiva
primaria (area 41).
La disposizione delle fibre nervose mieliniche
all’interno della corteccia segue la ripartizioni in strati con le
caratteristiche dell’area, e presenta fibre radiate e fibre tangenziali (plesso
tangenziale di Exner, lamina disfibrosa,
stria di Kaes, strie esterna ed interna di Baillarger,
con la variante occipitale detta stria di Gennari, e la lamina infrastriata).
1.2.1. Organizzazione colonnare. Lo studio
elettrofisiologico e della connettività dei neuroni corticali ha da tempo rivelato
un’organizzazione costituita da moduli verticali che occupano tutto lo spessore
della corteccia, con l’asse principale su un piano ortogonale alla superficie
piale. Il termine colonna deriva da un’osservazione sperimentale: tutte le
cellule incontrate da un microelettrodo che attraversa a tutto spessore il
manto corticale, rispondono a un singolo stimolo periferico[16].
Nella corteccia visiva si distinguono pile cellulari di piccolo calibro
(50μm) costituite da neuroni che rispondono ad uno stimolo lineare dello
stesso orientamento spaziale (verticale, orizzontale, obliquo con varie
rotazioni) e sono dette colonne di orientamento; e pile di maggiori
dimensioni (500μm) che rispondono prevalentemente agli stimoli percepiti
da un occhio (colonne di dominanza oculare).
1.3. Microstruttura. Le cellule più
importanti, accanto agli elementi gliali, sono i neuroni piramidali, le cellule
stellate spinose e numerosi tipi di interneuroni appartenenti a varie tipologie
morfologiche (cellule a candeliere, cellule orizzontali, cellule
bipolari/fusiformi, ecc.) la cui classificazione, non più basata solo sulla
forma, è oggetto di studio e aggiornamenti ratificati da un’apposita
commissione”[17].
Scusandoci con il lettore specialista per una così
lunga digressione, e sperando di aver fornito un utile supporto introduttivo e
didattico a coloro che non abbiano o non abbiano ancora conoscenze specialistiche,
riprendiamo i contenuti del lavoro recensito.
La caratterizzazione del trascrittoma delle lamine che costituiscono il pallio cerebrale e
della sostanza bianca adiacente in cervelli umani, di scimpanzé e macachi –
citando in ordine filogenetico inverso – ha consentito agli autori dello studio
qui recensito di confrontare l’espressione di un altissimo numero di geni nei
vari strati della corteccia prefrontale, compiendo paragoni intraspecifici e
trans-specifici.
L’espressione prevalente e caratteristica in un dato
strato ha consentito di definire delle suggestive regolarità ed anche di
riconoscere i geni che sono scarsamente espressi o inespressi in altri strati.
L’analisi quantitativa evidenzia che più del 20% dei geni rilevati sono
espressi in maniera predominante in una lamina corticale. Su questa base sono
stati definiti 2.320 markers di strato della corteccia prefrontale
umana.
Il paragone fra specie dei geni caratterizzanti uno
strato, che verosimilmente sono i diretti testimoni del valore neurofunzionale
di quell’aggregazione neuronica e gliale nella dimensione parallela alla
superficie della corteccia, è quanto mai interessante. Mentre il blocco
principale dei marcatori di strato
era conservato tra le tre specie[18], 376
geni hanno convertito in una lamina corticale diversa la loro espressione nel
cervello umano. Nel cervello dello scimpanzé sono stati rilevati cambiamenti di
questo genere solo per una quota di geni di circa un terzo di quella umana;
infatti, i geni che sono andati incontro a marker
switch nello scimpanzé sono 133.
Questo dato suggerisce un’accelerazione in termini
evoluzionistici della riorganizzazione corticale nella linea di sviluppo degli
ominidi e di homo sapiens.
Il lavoro condotto da Zhisong
He e colleghi non si è limitato ad un’analisi genetica indiretta mediante la
ricostruzione del trascrittoma delle lamine corticali prefrontali, ma ha anche
impiegato la metodologia immunoistochimica per indagare la caratterizzazione in
rapporto ai vari tipi cellulari. Gli esperimenti condotti hanno dimostrato che
i cambiamenti di espressione genica specifici dell’uomo non sono limitati ai
neuroni, ma interessano un ampio spettro di tipi cellulari della corteccia
cerebrale.
I risultati di questo studio consentono di
concludere che, nonostante un’apparente conservazione istologica,
l’organizzazione neocorticale umana è andata incontro a sostanziali cambiamenti
che riguardano più del 5% del suo trascrittoma.
L’autore della nota ringrazia la
dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla
lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE
E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Si veda in Economo e Koskinas, Die Cytoarchitektonik der Hirnrinde des erwachsenen Menschen, Berlino, 1925. Si veda anche: Bailey & von Bonin, The Isocortex of Man, Urbana, 1951.
[2] La classificazione di Cajal in 7 lamine si basava sulle dimensioni delle cellule, ma i criteri impiegati si sono poi rivelati inesatti.
[3] Haldane J. B. S., On being the right size. Oxford University Press, London 1986.
Attualmente altri studiosi di paleoantropologia hanno proposto stime numeriche diverse, ma la sostanza rimane invariata.
[4] Vogliamo solo di passaggio fare riferimento a tesi avanzate negli ultimi vent’anni da Peter Wheeler in Gran Bretagna, Konrad Fialkowski in Polonia e Dean Falk negli USA, secondo i quali l’assunzione della stazione eretta, modificando la risposta allo stress da calore solare, avrebbe creato condizioni nel flusso ematico in grado di fare aumentare i neuroni della corteccia che, espansa, sarebbe riuscita a disperdere il calore (fatale per neuroni e glia) agendo da radiatore cerebrale. L’aumento di neuroni, dovuto a questa necessità adattativa, avrebbe preceduto e facilitato lo sviluppo delle funzioni psichiche umane. Accolta inizialmente come una delle tante trovate “eccentriche” in cui ci si imbatte in questo campo, l’ipotesi, suffragata da dati emersi in vari studi, è attualmente accettata da molti.
[5] Come vedremo più avanti, il disegno dei solchi principali e delle principali circonvoluzioni segue uno schema identico in tutti gli individui di una specie, e presenta dei tratti comuni a specie diverse anche filogeneticamente distanti.
[6] La dura meninge o “dura madre” rimane quasi sempre aderente alla teca cranica.
[7] L’International Anatomical Nomenclature Committee o IANC ha scelto da tempo di adottare questo termine (gyrus) per la nomenclatura unificata, tuttavia gli autori italiani conservano l’uso parallelo del termine circonvoluzione, come del resto accade fra gli anatomisti di altri paesi non di lingua inglese.
[8] La loro presenza è fissa e in alcuni casi consente una precisa localizzazione funzionale: si pensi alle circonvoluzioni pre-centrale (motoria) e post-centrale (sensitiva), al piede del giro frontale inferiore dove ha sede l’area 44 di Brodmann o area motoria del linguaggio di Broca, la cui lesione determina afasia motoria pura.
[9] Il termine scissura è stato abolito dall’IANC perché appropriato solo in alcuni casi (ad esempio, nel caso del solco di Rolando e di Silvio).
[10] Separa il lobo frontale e, in parte, il parietale dal lobo temporale; nella sua profondità presenta un opercolo che nasconde l’Insula (Insula di Reil). Fu descritto da Françoise du Bois (italianizzato in Francesco de Le Boe) che scriveva sotto il nome latino di Silvius.
[11] Separa in alto il lobo frontale da quello parietale ed è compreso fra la circonvoluzione pre-centrale caratterizzata dalla rappresentazione somatotopica motoria di tutto il corpo (omuncolo motorio) e la circonvoluzione post-centrale con la rappresentazione sensitiva di tutto il corpo (omuncolo sensitivo).
[12] Mai, Assheuer, Paxinos, Atlas of Human Brain, 2nd edition. Elsevier Academic Press, 2004.
[13] Economo aveva suddiviso la corteccia in 10 strati fra principali e secondari; l’attuale descrizione ricalca ancora la sua impostazione, mentre la classificazione in 7 lamine di Cajal, che caratterizzava gli strati su una distribuzione delle cellule in base alle dimensioni, è stata definitivamente abbandonata perché rivelatasi inesatta.
[14] Il metodo messo a punto da Brodmann fu reso più analitico ed accurato da Economo che suddivise la corteccia in 109 aree.
[15] A questo riferimento morfo-funzionale di base si deve aggiungere che,
complessivamente, le aree che partecipano all’elaborazione della percezione
visiva sono 32, molte delle quali non presentano una costante configurazione
anatomica della localizzazione, pertanto è utile in taluni casi, come ad
esempio nello studio della fisiologia della visione, distinguere le aree
corticali sulla base del ruolo funzionale (V1, V2, V4, V5, ecc.).
[16] Fenomeno riscontrato per
la prima volta nella corteccia somatosensoriale.
[17] “La corteccia cerebrale - origini e conseguenze della sua conformazione”, nell’aggiornamento: “La corteccia cerebrale” nella sezione “AGGIORNAMENTI” del sito.
[18] E verosimilmente tra la maggior parte delle specie di primati più evoluti.